22 luglio 2018

Spinoza: La libertà dalle passioni e l'inganno della speranza (rassegna)

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Corriere della Sera La Lettura: L’inganno della speranza (conversazione tra Donatella Di Cesare e Steven Nadler)

«La soddisfazione immediata dei propri bisogni, la gratificazione di sé e della propria immagine — nulla è più lontano dall’Etica. Per Spinoza siamo egoisticamente motivati quando assecondiamo il nostro persistere nel mondo. Ma questo conato, una sorta di inerzia esistenziale, non deve essere confuso con il godimento narcisistico che va di moda oggi. La vita giusta è per Spinoza quella che scruta il sé, che mira alla conoscenza dell’anima — il che vuol dire in fondo anche conoscere gli altri e rispettarli. In breve: Spinoza vuole mostrare che il nostro bene risiede in un’esistenza interamente dedita alla ragione, non già incatenata alle passioni, né votata ai beni transitori.
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Spinoza crede che speranza e paura non siano emozioni o affetti positivi. Al contrario! E questo perché sono rivolte a ciò che è imprevedibile, che si sottrae a ogni controllo. Quando noi speriamo, guardiamo a qualcosa che potrebbe procurarci gioia, ma la cui presenza è incerta. Viceversa la paura nasce quando temiamo ciò che potrebbe provocare tristezza, ma la cui presenza è altrettanto incerta. Insomma speranze e timori fluttuano e noi siamo in balia di questi flutti, trascinati qui e là. Inoltre si tratta in entrambi i casi di emozioni che i leader delle religioni organizzate possono usare per manipolare le nostre vite o sottometterci a una specie di servitù. Finché crediamo a un Dio che si deve temere e ubbidire, finché crediamo all’immortalità dell’anima, a una vita oltre la morte, in cui saremo ricompensati o puniti in eterno, non potremo non essere alla mercé di passioni irrazionali. Così finiamo per vivere la nostra vita non realizzando quel che crediamo sia razionalmente giusto, bensì quel che, nella nostra superstizione, presumiamo possa procurarci il favore divino. Gran parte del lavoro di Spinoza è volto a rivelare gli effetti deleteri esercitati dalle passioni e dalle false credenze che le alimentano. Per esempio non si dà, per Spinoza, immortalità dell’anima; non c’è una vita oltre, né un mondo nell’aldilà. Quando sei morto, sei morto. Speranze e paure rivolte a quell’oltre sono senza fondamento.
In tal senso l’Etica non è solo un’opera morale, ma anche politica e religiosa. Perciò è strettamente connessa al Trattato teologico-politico. Smascherando le passioni, e il modo in cui possiamo esserne schiavi, Spinoza ha come obiettivo la libertà. Vuole indicare la via per liberarci da quella dipendenza che è anche sottomissione e tirannia. Il che ha evidentemente conseguenze anche sulla vita sociale e politica.

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Per Spinoza la felicità è una sorta di pace dell’anima e di tranquillità anche dinanzi a quel che Amleto chiama "colpi di fionda e dardi d’atroce fortuna". Il controllo sulle emozioni si acquisisce attraverso la conoscenza, comprendendo che non si può dirigere e governare ciò che è esterno, che è fuori di noi. Vedo in questo atteggiamento di Spinoza senza dubbio una ripresa del distacco stoico. È libero chi realizza quel che crede "davvero importante nella vita", chi non soggiace alle passioni, come l’odio, l’invidia, la gelosia, che lo dispongono contro gli altri, chi — e questo è uno dei punti dell’Etica che preferisco—non va rimuginando sulla morte. Chi è liberato, guidato dalla virtù e dalla ragione, è concentrato sulla vita, sull’espressione della sua potenza, sull’agire che contribuisce alla prosperità umana. Solo così può essere davvero autonomo e attivo.»