24 luglio 2018

Cioran: l’astrazione, le sonorità senza contenuto, prolisse e ridondanti, che ci impediscono di sprofondare

«Se, per caso o per miracolo, le parole svanissero, sprofonderemmo in un’angoscia e in un’ebetudine intollerabili. Questo mutismo improvviso ci esporrebbe al supplizio più crudele. È l’uso del concetto che ci rende padroni dei nostri terrori. Noi diciamo: la Morte- e questa astrazione ci dispensa dal percepirne l’immensità e l’orrore. Battezzando le cose e gli eventi, eludiamo l’Inesplicabile: l’attività dello spirito è un imbroglio salutare, un gioco di prestigio; ci permette di circolare dentro una realtà addolcita, confortante e inesatta. Imparare a maneggiare i concetti- disimparare a guardare le cose... La riflessione nacque in un giorno di fuga; la pompa verbale ne fu la conseguenza. Ma quando si ritorna a sé si è soli- senza la compagnia delle parole- si riscopre l’universo privo di qualificazioni, l’oggetto puro, l’evento nudo: dove attingere l’audacia di affrontarli? Non si specula più sulla Morte, si è la morte; anziché decorare la vita e assegnarle degli scopi, le si toglie ogni ornamento e la si riduce al suo giusto significato: un eufemismo del Male. Le grandi parole: destino, sfortuna, sventura, si spogliano del loro splendore, ed è allora che si scorge la creatura alle prese con organi deboli, schiacciata da una materia prostrata e attonita. Togliete all’uomo la menzogna dell’Infelicità, dategli il potere di guardare dietro questo vocabolo: non potrebbe sopportare nemmeno per un istante la sua infelicità. Sono l’astrazione, le sonorità senza contenuto, prolisse e ridondanti, che gli hanno impedito di sprofondare.
[...]
È fin troppo naturale pensare che l’uomo, stanco delle parole, stremato dal ripetersi insulso dei tempi, sbattezzerà le cose e getterà i loro nomi, insieme al proprio, in un grande autodafé in cui le speranze saranno inghiottite. Stiamo tutti correndo verso questo modello finale, verso l’uomo muto e nudo...»

– E.M. Cioran, Sommario di decomposizione, tr. it. di M. Rigoni e T. Turolla, Adelphi, 1996, pp.156-157