24 gennaio 2018

Schopenhauer: scimuniti caratteri di commedia

«È davvero incredibile vedere in che modo insignificante e privo di senso, guardata da fuori, e in che modo opaco e insensibile, sentita da dentro, scorra la vita della stragrande maggioranza degli uomini. È un fiacco distruggersi e torturarsi, un barcollare come in sogno attraverso le quattro età della vita fino alla morte, accompagnati da una serie di pensieri banali. Sono come orologi che vengono caricati e camminano senza sapere perché; e ogni volta che viene generato e nasce l’uomo, l’orologio della vita umana viene caricato di nuovo, per ripetere ancora una volta frase per frase e battuta per battuta, con variazioni insignificanti, la sua musica, suonata e risuonata già innumerevoli volte.
Ogni individuo, ogni faccia e ogni vita umana sono soltanto un breve sogno in più dell'infinito spirito della natura, dell'eterna volontà di vivere, sono soltanto una fugace formazione in più che esso disegna per gioco sulla sua pagina infinita, spazio e tempo, e che lascia sussistere per un tempo, rispetto a quest'ultimi, infinitamente piccolo, poi cancellandola per far posto ad altre.
Tuttavia, e in ciò sta il lato serio della vita, ognuna di queste fugaci formazioni, ognuna di queste insipide trovate, deve essere pagata da tutta la volontà di vivere, in tutta la sua violenza, con molti e profondi dolori, e da ultimo con un'amara morte, a lungo temuta e infine sopravvenuta. [...]
La vita di ogni individuo, se la si guarda nel suo complesso, mettendone in rilievo solo i tratti più significativi, è in realtà sempre una tragedia; ma esaminata nei particolari ha il carattere della commedia. Giacché l’agitazione e il tormento del giorno, l’incessante punzecchiatura dell’attimo, i desideri e le paure della settimana, gli incidenti di ogni ora, per mezzo del caso sempre intento ai tiri mancini, sono tutte scene di commedia. Ma i desideri mai appagati, le aspirazioni frustrate, le speranze spietatamente calpestate dal destino, i funesti errori di tutta la vita, col crescente soffrire e la morte alla fine, danno sempre una tragedia. Così, come se il destino avesse voluto aggiungere allo strazio della nostra esistenza anche la beffa, la nostra vita deve contenere tutte le doglie della tragedia, mentre noi non possiamo mantenere in essa neanche la dignità di personaggi tragici, essendo invece inevitabilmente, negli innumerevoli particolari della vita, scimuniti caratteri di commedia.»

– Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, a cura di Sossio Giametta, Bompiani, Milano, 2006, pp. 629-631