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Parli di "gente orrenda" e mi chiedi se dipende da loro il poterti rivedere. Cerca di capirmi, amore. Ti ho così dentro il cuore che mi trasformerò in un tuo Guardiano se qualcuno dovesse farti del male. Non voglio altro che Piacere nei tuoi occhi, e Felicità nei tuoi passi. Vorrei vederti tra quei divertimenti che più si addicono alle tue inclinazioni e al tuo carattere; così che il nostro amore sia una gioia in più tra tanti Piaceri, piuttosto che un rifugio dalle preoccupazioni e dagli affanni. Ma dubito che, nel caso peggiore, io sia all'altezza di quello che dico: se vedessi che la mia determinazione ti fa soffrire, vi rinuncerei subito.
Perché non posso parlare della tua Bellezza, dal momento che senza di essa non ti avrei mai amato? Non riesco a immaginare che un amore come questo avrebbe potuto cominciare senza la tua Bellezza. Ci sarà senz'altro, e non ho intenzione di ridicolizzarlo, un amore per il quale posso avere il massimo di rispetto e che posso ammirare negli altri: ma non ha certo la ricchezza, la freschezza, la pienezza, e l'incanto dell'amore che provo io. Dunque lasciami parlare della tua Bellezza, anche se a mio rischio e pericolo; perché potresti essere così crudele da provare su un altro il suo Potere. [...]»
– John Keats, lettera a Fanny Brawne, Shanklin, Isola di Wight, giovedì 8 luglio 1819
(tr. it. di Nadia Fusini, Feltrinelli, 2016, pp. 170-171)