Ci sono molti modi per alleviare il fardello dell'esistenza. Per l'individuo che privilegia la sfera corporea, c'è il piacere puro che nasce dal sentirsi vivo: la joie de vivre, come dicono i nostri amici gallici. Per chi è portato a credere, c'è la religione e i suoi sogni sul paradiso. Per il moralista, c'è la soddisfazione che si può trarre da una condotta virtuosa. Per lo scienziato, c'è il piacere che nasce dalla ricerca della verità, e che quasi annulla il senso di angoscia che la scoperta della verità provoca. Per l'individuo di gusti raffinati, ci sono le belle arti. Per chi ha senso dell'humour, c'è la beffarda gioia che nasce dall'osservazione della vanità e dell'incoerenza della vita. Per il poeta, c'è l'abilità e il dono di sapersi plasmare con la fantasia una piccola Arcadia, in cui trovare rifugio dallo squallore della realtà. In altre parole, il mondo è pieno di mere illusioni che possiamo chiamare "felicità", purché siamo capaci di coltivarle. Quindi la capacità di essere felici dipende soprattutto dalle caratteristiche individuali: varia a seconda delle persone, ed è connaturata alla specie, fino a quando la troppa istruzione o il progresso non la rimuovono.»
– H.P. Lovecraft, lettera al Kleicomolo dell'ottobre 1916, in: "L'orrore della realtà. La visione del mondo del rinnovatore della narrativa fantastica (Lettere 1915-1937)", a cura di G. De Turris e S. Fusco, trad. di M. Berruti, Ed. Mediterranee, 2007
– H.P. Lovecraft, lettera al Kleicomolo dell'ottobre 1916, in: "L'orrore della realtà. La visione del mondo del rinnovatore della narrativa fantastica (Lettere 1915-1937)", a cura di G. De Turris e S. Fusco, trad. di M. Berruti, Ed. Mediterranee, 2007