4 febbraio 2018

Tutti i mori d'Italia (e le piccole Alabama ante litteram) (rassegna)

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Repubblica: Tutti i mori d'Italia (di Igiaba Scego)

«È chiaro che la presenza africana era legata alla schiavitù. In quei tempi, parliamo del Quattrocento-Cinquecento-Seicento, la schiavitù era reciproca e interessava le due sponde del Mediterraneo. Come ben scrive Salvatore Bono in Schiavi. Una storia mediterranea (XVI- XIX secolo) (Il Mulino) i cristiani venivano imprigionati nelle coste del Nord Africa e i musulmani (e non solo loro) in Europa. Trapani per esempio era un grande mercato di schiavi. E la Sicilia interessata da una vasta coltivazione di canna da zucchero usava nel Quattrocento manodopera schiavile, soprattutto dall'Africa subsahariana, almeno fino a che è durato il monopolio andato in crisi con la "scoperta" dell'America. Una Sicilia, ma anche una Puglia, una Calabria e soprattutto una Napoli (la città con più schiavi in Italia) che erano delle piccole Alabama ante litteram. Ma c'era anche la schiavitù al femminile, una compravendita serrata soprattutto di schiave greche e circasse in zone come la Liguria. La maggior parte del mercato però era costituito soprattutto da turchi e maghrebini che ingrossavano le fila degli uomini atti al remo nelle galere in molte città portuali, Livorno in testa. [...]
Di fatto la presenza degli afrodiscendenti era reale nella penisola. Così reale che alcuni arrivarono anche nel cuore dei Medici. Alessandro de' Medici, destinato a diventare nel Cinquecento duca di Firenze, era di fatto anche lui nero a metà, padre mediceo e madre schiava conosciuta con il nome di Simonetta da Collevecchio. Di lui ci rimangono numerosi ritratti. Dal Pontormo al Bronzino, dal Vasari all'Allori.
Basterebbe solo studiare un po' la storia, in Italia forse più che altrove, per capire che siamo di fatto tutti mescolati e non da oggi. E che nel famoso sangue italiano, quello dello ius sanguinis che qualcuno contrappone allo ius soli, scorre da parecchio tempo sangue africano.»