7 gennaio 2018

Avanti tutta, verso il passato: Il grande rinculo (rassegna)

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L'Espresso: Avanti tutta, verso il passato (di Marco Pacini)

«Altro che la “fine della storia”, annunciata all’inizio dei Novanta del secolo scorso. Più che a una fine sembra di assistere al Grande rinculo.
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"C’è un rifiuto manifesto della nostra epoca di generare le successive", scriveva alla fine del secolo scorso Paul Virilio. [...] Come lo storico delle idee americano Mark Lilla: "La nostalgia è molto più forte della speranza, perché non può deludere", così ha fotografato il presente in una recente intervista Lilla, che ha da poco dato alle stampe “The Shipwrecked mind” (La mente naufraga).
Naufraga come il pensiero politico che non produce più nulla di nuovo da decenni, de constata il filosofo della politica Sebastiano Maffettone: "È in completo stallo: dopo Rawls e Habermas non c’è stato più nulla. La cultura politica ancora dominante in occidente è la liberaldemocrazia. Ma quel mondo è finito."
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Sarà per questo che il Nuovo all’italiana, per esempio (con l’unica eccezione del passo storico sulle unioni civili), sta precocemente dimostrando di avere un fiato troppo corto? Vecchio per vecchio, è meglio il più vecchio. E se si fa del nuovismo rottamatore la semplice riedizione del blairismo con 20 anni di ritardo, si rischia di essere “scoperti”.
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E per restare all’osservatorio-Italia sul Grande rinculo c’è chi, come lo storico Guido Crainz, retrodata ancora l’incapacità di gettare lo sguardo senza torsioni della testa all’indietro. Perché a ben vedere, sostiene, "il periodo in cui il nuovo era nuovo e faceva immaginare un futuro, si può far risalire alla fine dell’Italia rurale. Già dagli anni Ottanta e da Berlusconi in poi, col nuovo si comincia a riciclare il vecchio: si affaccia una modernità inedita, con il riemergere di modelli di passato. Lo stesso stilema berlusconiano dell’uomo che si è fatto da solo è vecchio: in “Una vita difficile” Alberto Sordi elogia l’uomo che si è fatto da solo… E il film è del 1961".
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"Si cerca il nuovo, si trovano solo le novità", diceva Robert Musil. E sono parole che rappresentano bene l’ambivalenza di fronte a ciò che è nuovo e a ciò che è vecchio, secondo il sociologo Stefano Allievi. "Da un lato", osserva, "siamo obbligati a reinventare continuamente il nuovo, riducendolo a nuovismo. Nessuno del resto riuscirebbe a vendere un prodotto, una moda, un’idea o una forma di aggregazione sociale etichettandola come “vecchia”: semplicemente, non troverebbe clientela. Dall’altro spesso il cambiamento si limita alla forma, incidendo poco sul contenuto: questione di labelling e di packaging, più che di sostanza"»